Il cuore affamato delle ragazze

recensione di    Angela Giannitrapani

 

 

Etta ha una voce forte, chiara e accogliente. Sia da giovane che da vecchia quando racconta, perché non lascia mai chi legge nel dubbio, nella distanza, nella estraneità ma aggancia tenendo il filo d’acciaio che inanella gli eventi e le emozioni di questo romanzo.
Etta viene da Marietta : ha tagliato metà del nome come ha tagliato a metà le radici italiane, mischiandole con quelle americane. E’ figlia di un medico siciliano, attivo socialista mal sopportato nella Sicilia di fine Ottocento. Con la moglie decide, quindi, di espatriare in America e va a Philadelphia, lo stato meno estraneo possibile alle sue idee. A Philadelphia avranno la loro unica figlia. E con lei, diciottenne che decide di lasciare la casa dei genitori per andare a lavorare come infermiera a New York, si entra negli anni fumosi e ribollenti degli inizi del Novecento.
Comincia come volontaria all’ospedale di Ellis Island. L’isola delle ostriche o dei gabbiani, come l’avevano chiamata i nativi, invade la prima parte del libro con la multiforme folla di emigranti che approdano in quella che per loro sembra essere la terra promessa. Il senso di giustizia sociale che il padre le ha instillato sin dall’infanzia viene messo a dura prova nel curare malesseri, malattie e paure in una babele di lingue sconosciute ad eccezione di quella del vasto gruppo di italiani e italiane ma Etta regge febbri, tossi strazianti, effetti di malnutrizione, sporcizia e mutismi con fermezza e empatia.

In quel magma di umanità dolente e nelle affollate corsie dell’ospedale, un giorno per caso incontra “…una giovane donna, alta e slanciata, con un lungo vestito bianco chiuso al collo dal nodo scuro di una cravatta” che, in italiano, chiama un portantino per aiutare una donna. Tessie viene incontro a chi legge così, in questa imprevista luce di eleganza e biancore e sarà indimenticabile. Il suo cravattino scuro rivelerà a Etta l’appartenenza al sindacato e le aprirà le porte a un nuovo ambiente, a nuove esperienze e sentimenti profondi. L’esperienza a Ellis Island si conclude e l’infermiera se ne allontana con uno strappo sentito quanto necessario, andando verso la sua professione nello studio del dottor Levin a Manhattan. Incontra nuovamente Tessie e questa volta si stringe un’amicizia che non le separerà. Al fianco della nuova amica Etta comincerà a frequentare le riunioni dell’Unione (International Ladies Garment Workers Union), la sezione femminile del sindacato delle lavoratrici del settore tessile. Attraverso gli occhi e la mente della giovane Etta, allora ventenne, sulle pagine si apre il mondo affollato e vivace del sindacalismo femminile della prima decade del Novecento americano. All’interno le differenze possono provocare attriti ma è impellente farsi riconoscere dai vertici sindacali a rappresentanza maschile. Allora, si discute, ci si compatta, si organizzano incontri e redigono richieste di riconoscimento, nella specificità di una lotta in un settore a maggioranza femminile.

Capitolo dietro capitolo. si aprono i laboratori delle cucitrici, divise in stanze specifiche per ogni fase di confezionamento ma l’autrice lo fa con la guida di questa o di quella operaia, questa o quella amica, questa o quella sindacalista che affianca o che, essa stessa, è operaia. Si sente il ticchettio delle macchine da cucire, si vedono le schiene curve delle tagliatrici, si intravedono le ragazzine ancor prima dell’adolescenza stipate insieme alle più grandi nelle file strette e lunghe dei laboratori, si sente l’umido caldo degli stanzoni dell’estate newyorchese, il fiato pesante dei datori di lavoro, il fiato corto delle lavoratrici. E si entra nella Triangle. La Triangle Shirtwaist Factory, nel Greenwich Village a Manhattan, all’ottavo, nono e decimo piano dell’Asch Building. Nello stesso stabile, al quinto piano Etta lavora nello studio medico del dottor Levin. Ogni mattina nell’atrio si mischia con le lavoratrici per dividersi agli ascensori, per lei, e al montacarichi per le altre. L’arrivo a New York della sua amica d’infanzia, Molly, le porta l’affetto famigliare ma quello con Tessie sarà formativo e rivoluzionario. Impara il linguaggio sindacale, assume piccoli ma utili compiti all’interno della Unione, incontra donne venendo a conoscenza della loro influenza e funzione tramite l’amica. Così anche chi legge vede al tavolo delle riunioni Clara Lemlich dal viso di porcellana, che non ha tempo da perdere e incita all’azione per il riconoscimento dei diritti delle lavoratrici, un più equilibrato orario di lavoro e equa retribuzione; si vede Pauline Newman, circondata da una autorevolezza che inizialmente è misteriosa per Etta; e ancora Miss Dreier, dinamica e ricca di iniziative, così vicina a Tessie da essere da lei chiamata confidenzialmente Mary e che provoca moti di gelosia nella giovane infermiera, ma che sarà fondamentale nell’ultima parte della sua vita professionale. E altre, tante altre dai nomi comuni. Tuttavia, sin dalla prima lettura queste donne posseggono un alone intenso che spinge chi non ne conosceva prima il nome ad andarle a cercare per controllare se sono vere.

E lo sono. Rappresentano le leader della Union così come della Women’s Trade Union League, il movimento suffragista che non disdegna alleanze per rafforzare le azioni di rivendicazione e unire le forze femminili. Tutte loro e altre, come Alice Kellor o Jane Addams della Hull House, Frieda Miller, Frances Perkins fanno parte di una vasta rete di attiviste e future riformiste in campo sociale, suffragista e sindacale che dall’inizio del Novecento convoglieranno gli effetti delle loro iniziative fino al New Deal. Ma ciascuno, leggendo, può indagare fin dove vuole perché sembra che certe pagine di questo romanzo si aprano a ventaglio. E gli anni storici delle lotte per portare il Sindacato dentro le fabbriche, compresa la Triangle, le infuocate sessioni, il successo del 1910 con con la riduzione dell’orario di lavoro, della trattativa sui salari e della presenza degli ispettori sui luoghi di lavoro. La Union entra nella maggioranza delle fabbriche, anche in quelle di altri stati americani e le attiviste che, sfidando lo scetticismo dei vertici maschili e dell’opinione pubblica, si meritano l’appellativo di ragazze ardenti. Mai appellativo è più tragicamente premonitore. L’unica fabbrica che resiste all’impatto sindacale è proprio la Triangle, portando al tragico epilogo di quel 25 marzo 1911. L’episodio dell’incendio con il suo drammatico risultato viene rappresentato in tutti i suoi raccapriccianti dettagli, come quando si assiste alla pioggia di torce umane che si buttano dalle finestre dell’ottavo e nono piano, ricordando che quelle ragazze ardenti che tanto avevano lottato ora ardono davvero. Tuttavia, avviene a suo tempo e solo dopo anni intensi e vitali, come pretende di raccontare Etta stessa, la voce narrante:”A che serve partire dalla memoria delle ceneri?...Preferisco… lasciare il giorno del dolore là dove si trova…”. Così, un episodio conosciuto dai più, non viene ulteriormente abusato nella sua popolarità spettacolare, ma fa da focolaio reale e narrativo della storia che lo precede e di quella che lo seguirà, trattenendo il suo dramma entro le sponde di una conoscenza più ampia e consapevole.

Etta sarà testimone, infatti, dell’immenso corteo funebre che seguirà a quel 25 marzo ma anche delle lotte e conquiste dei decenni a venire finché da vecchia, nel 1970 da Staten Island con voce di anziana un po’ stanca ma sempre accogliente, si prepara a ricevere un gruppo di studenti universitari con il loro docente che la vogliono intervistare su quegli anni per una loro ricerca. Non ha accettato volentieri all’inizio ma si è rassegnata a farlo: “Non ho fatto pace con la memoria, anche se ho smesso di bere alla fonte dell’oblio. Non sono un’anima saggia, non avrò il compenso che i libri di mia madre promettevano agli eletti, però ho capito che ci sono epoche, tempi, momenti della vita, che vogliono essere ricordati. Che lo pretendono. E pazienza se ricordare è un esercizio faticoso.”
Etta, da anziana, che ricorda e Etta, da giovane, che vive quei ricordi, si alternano in modo proporzionato così che il passato e il presente, pur non in modo lineare, siano contigui e diano l’ampiezza dell’esistenza. La voce della vecchia negli anni Settanta regala fiato e rallenta il ritmo serrato di quegli antichi eventi. La scrittura dall’impatto comunicativo e trasparente regala pagine coinvolgenti. Anche grazie alla voce narrante in prima persona della protagonista e a una folla di corpi di donne che nella loro fisicità riempiono questo romanzo. Indimenticabili, nel loro canto vogliamo il pane ma anche le rose. Un canto che sembra venire da un sogno.
                                                                                                    

Maria Rosa Cutrufelli
Il cuore affamato delle ragazze
ed Mondadori 2025